domenica 1 aprile 2012

LA RIBELLE PRAGMATICA di Carlo Patrignani (da Left)


La leader della Cgil tiene testa al premier, ai falchi liberisti e ai conservatori dentro il Pd. Riportando il lavoro e i diritti al centro del dibattito politico. Ritratto di Susanna Camusso.

Se il premier Mario Monti, voluto dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha un motivo serio per esser preoccupato della tenuta del suo governo tecnico (che tecnico non è), questo motivo si chiama Susanna Camusso. Cinquantasei anni ad agosto, milanese, occhi azzurro acqua, capelli corti e folti biondo mesciato, è la prima donna alla guida della Cgil. Proprio lei riservata (non ama parlare della sua vita privata) e sobria, ma tenace nel difendere le sue idee, “acomunista” («sono lombardiana da sempre come mio padre ») senza trucco («niente lifting, niente maquillagge ») e senza trucchi («la vita pubblica deve essere coerente con la vita privata»), sta dando del filo da torcere al premier che da tempo spende parole di apprezzamento per le “riforme di struttura” di Riccardo Lombardi. Non solo le liberalizzazioni sarebbero riforme strutturali necessarie per abbattere quelle che Lombardi chiamava “rendite e posizioni di parassitismo”, ma lo sarebbe anche la riforma del mercato del lavoro, compreso l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che sancisce la “giusta causa” per il licenziamento. Per Monti è un ostacolo agli investimenti. Per la Camusso una legge di civiltà perché non permette licenziamenti discriminatori. Evidente tra i due contendenti la diversità sostanziale nell’interpretare il senso vero di quella strategia, finalizzata, per Lombardi, a ridistribuire il potere all’interno della società e a riformare radicalmente il capitalismo; come fu la nazionalizzazione dell’energia elettrica o la scuola media unica con l’obbligo fino a 14 anni o lo stesso Statuto dei lavoratori approvato nel 1970. Chi ha ragione? Susanna Camusso, vicina al Pd, non credente (“non verrò mai folgorata sulla via di Damasco”, come è capitato a Piero Fassino e a Fausto Bertinotti), né battezzata (“la mia è una famiglia laica”, il padre lavorava nell’editoria, la madre di origine slava), con una carriera tutta interna alla CGIL, iniziata a vent’anni nella Flm, la categoria unitaria dei metalmeccanici (“è stata una stagione di grandi passioni”), come coordinatrice dei corsi delle 150 ore sulla formazione degli operai, e per la quale lasciò Lettere classiche alla Statale (“ i miei mi immaginavano archeologa”)? O ha ragione il premier Mario Monti, già rettore della Bocconi, economista di fama internazionale e fervente cattolico? La prima, con l’hobby della barca a vela (“non ha mai avuto i soldi per comprarla”), dei libri (predilige la Bartlett e le emergenti, Murgia e Avallone) e della cucina (piatto forte il gulash), che ha dalla sua parte gli operai, lavoratori e gente comune? O il secondo, elogiato dall’Ocse e dall?Ue, dai media italiani e internazionali (il Wall street journal gli ha dedicato un editoriale, che lo definisce così:”Fa la Thatcher: il premier italiano ha una rara opportunità di educare gli italiani alle riforme”)?

Proviamo a rileggere la lettera del 27 settembre 1962 con cui Lombardi tornava ad insistere con l’allora presidente del Consiglio, Amintore Fanfani di “non ritardare” l’avvio dei colloqui coi sindacati per lo Statuto dei lavoratori:”Siamo in presenza di una massiccia pressione sui salari e occorre dare non solo l’impressione ma la certezza che se non moltissimo si può fare in fatto di retribuzioni, tuttavia il governo di centrosinistra darà un bene più prezioso: un nuovo clima nei luoghi di lavoro, maggiore libertà sindacale e dunque politica, un maggiore potere ai lavoratori”. Forse allora chi tra i due interpreta meglio il senso delle riforme strutturali è la Camusso. Qualche tempo fa, il leader della CGIL ebbe a dire: “Lombardi è uno dei pochi che non scinde mai il senso delle riforme rispetto alle caratteristiche del lavoro. Nelle sue ragioni sulla critica del non funzionamento del centrosinistra, ci mette i diritti dei lavoratori, lo Statuto, come punto fondamentale. […] Era uno molto attento ai ragionamenti su quante ore si lavorava, sull’esistenza di una vita oltre il lavoro, un ragionamento sulla persona, in termini laici”. In questi giorni la CGIL è stata sottoposta a pressioni molto forti anche di alto livello, dirette e indirette, spiegano in corso d’Italia: innanzitutto attraverso i media (Eugenio Scalfari e la Repubblica in testa, ma anche il Corriere della Sera che ha brindato alla fine della concertazione), per il “non possumus” a cancellare o depotenziare l’articolo 18. L’irritazione è cresciuta man mano che nel Paese, spontaneamente, i lavoratori sono scesi in piazza: e non per chiedere soldi, ma per difendere un diritto acquisito, dimostrando “una forte presa di coscienza”, come la definiscono in CGIL, del valore della posta in gioco, Ciò che ha più colpito i suoi colleghi di segreteria, è stata la “pacatezza e determinatezza” della Camusso nel ribattere, “sola contro tutti”, alle “avances” pervenute; e il marcato “senso di autonomia” nel difendere lo Statuto dei lavoratori e la connessa concertazione. Le propongono, in alternativa, il modello tedesco, basato sulla “Mit-bestimmung”, la cogestione? Bene. “Se si vuole intervenire sull’articolo 18 si prenda pure a modello un Paese come la Germania, ma lo si rispetti: è molto più favorevole al lavoratore e non cancella il reintegro”.

In Germania un lavoratore non può essere licenziato per motivi disciplinari o personali senza il parere del consiglio di fabbrica.

Al Forum della Confcommercio di Cernobbio, è stata molto applaudita dalla platea. “Parlerei di un sentimento comune che non appartiene solo ai lavoratori. In gran parte il Paese si riconosce cioè come sia sbagliato pensare di ridurre le tutele in questa stagione di crisi, come un passo di questo genere inasprisca le condizioni di tanti. Speriamo che il Parlamento dia ascolto a queste volontà”, ha scandito dal palco.

Una “ribelle”, si direbbe, come quando al primo anno di liceo scientifico discusse con il preside perché voleva attaccare un tazebao a scuola o quando andò via di casa non appena maggiorenne (grazie al diritto di famiglia, che poretò la maggiore età da 21 a 18 anni), ma con idee chiare:” il sindacato non è antagonista, costruisce accordi”. E ovviamente, nell’interesse principale dei suoi iscritti e dei lavoratori.

Pragmatica certamente, ma di un pragmatismo connesso al merito delle questioni e a valori di fondo, come la rappresentanza del mondo del lavoro e l’autonomia. Difficile dire a quale dei segretari della CGIL assomigli. Qualcuno azzarda: per lo stile sobrio e il carattere riservato ma coriaceo (dice di essere “timida”, il contrario di arrogante) ricorda tratti di fernando Santi e di Giuseppe Di Vittorio.

Ultima di quattro sorelle, ha due matrimoni alle spalle. Da Andrea, un giornalista conosciuto “quando eravamo ragazzini”, ha avuto Alice (“non è battezzata”) ventiduenne specializzanda in Lettere antiche alla Normale di Pisa. Oggi la Camusso è una single che non esclude di innamorarsi di nuovo. Intanto dirige, “con determinatezza e sorriso”, i cinque milioni di iscritti alla CGIL, il maggiore sindacato italiano e fa parte del movimento delle donne: è tra le promotrici dell’associazione Usciamo dal silenzio. Occupa un posto di “grande responsabilità”, dove è arrivata il 3 novembre 2010 dopo un percorso, dal 1977 al 1997, alla Fiom di Milano e della Lombardia, quindi alla Fiom nazionale. Qui è restata poco perché estromessa dal segretario generale della Fiom, Claudio Sabbatini, uno degli sconfitti nella storica vertenza Fiat del 1980. Nel 2001 Sergio Cofferati, la propone per la segreteria della CGIL lombardia: passa per un voto e riesce a ricompattare l’organizzazione. Quindi nel 2008 il salto nella segreteria confederale della CGIL e due anni dopo succede a Guglielmo Epifani.

Il lavoro sindacale la porta a contatto della politica, che giudica severamente:”Si è rovinata perché non è in grado di moralizzarsi”. Ma una via d’uscita c’è: “Smettendola di discutere su chi deve essere il leader”. Un altolà al leaderismo, ai partiti personali, compresa Sel e Idv e un invito “a radicarsi nel territorio”. Come la CGIL, appunto.

Nessun commento:

Posta