domenica 21 settembre 2008

BUGIE

La verità è spesso spiacevole. Lo dice anche la canzone: " La verità ti fa male lo so! " Per questo molti preferiscono crogiolarsi nelle bugie. E' meglio chiudere gli occhi. Ma non c'è nulla da fare: la verità è ciò che è, invece le menzogne non sono altro che invenzioni. Oggi ci occupiamo, dunque, di bugie. C'è un antico, saggissimo detto che così recita: " I nodi vengono sempre al pettine". E' come dire che alla fine la verità trionfa, hai voglia di fare il gioco delle tre carte. Sono tanti gli esempi di cose reali che si nascondono. Per esempio le labbra siliconate, che se le baci ti sembra di baciare un sasso in pieno inverno. Per esempio la polvere sotto il tappeto, che fa la gioia degli acari. Per esempio gli articoli che l'editorialista scrive sotto dettatura del direttore. Oggi, in Italia, tra verità e giornalismo c'è di mezzo l'oceano. A salvare l'anima c'è il relativismo, vale a dire che la verità assoluta non esiste. Per fortuna che vige il relativismo, se no saremmo costretti a dire che non viviamo in democrazia, che in Italia non c'è libertà di stampa. E quando la verità non esiste in assoluto , conviene scegliere quella che più fa comodo, quella che porta vantaggi, che blandisce il potere. Ai tempi di Luigi XIV c'era una classe di persone privilegiate che venivano chiamate porte-coton. Di chi si tratta? Di nobili che avevano il privilegio di pulire il culo al re con un batuffolo di bambagia dopo che questi aveva fatto la cacca. Oggi, molti opinionisti sono dei port-coton. Loro malgrado. Perchè tengono famiglia.
Per fortuna la verità, prima o dopo viene a galla, poiché è quella che è, e non si può negare. Così, chi ha pontificato dovrà disdire. Ma non importa: affermare il contrario di quanto si è detto prima è segno di apertura mentale.
(Vincenzo Cirami)

sabato 20 settembre 2008

VISCERE (l'indifferenza della notte)

" Una voce dalla frequenza inconfondibile, con un intreccio di bande d'ottava e armoniche...." è una assaggio di quello che è scritto sul romanzo che ospito volentieri nel mio Blog. L'autore David Marsili, collega antagonista negli affari di lavoro, in questo libro sembra scrivere come su un pentagramma. Le sue parole sembrano note musicali che si intrecciano a tal punto di confondere il lettore e portarlo ad una altra piacevole dimensione. A mio modesto parere un bel libro, da leggere ( o ascoltare? ) per l'originalità della storia, dei personaggi, in una dimensione fantastica con spruzzate di richiami alla realtà.

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martedì 16 settembre 2008

C'E' GROSSA CRISI

NON SO DOVE STO ANDANDO ED IGNORO DOVE SONO ARRIVATO

E' STATO GIUSTAMENTE DETTO CHE L'ITALIANO CHE HA REALIZZATO DI PIU' FU CRISTOFORO COLOMBO CHE NON SAPEVA DOVE ANDAVA ED IGNORAVA DOVE FOSSE ARRIVATO. NON E' UN ESEMPIO DA IMITARE MA FORSE UNA RAGIONE DI CONFORTO.

domenica 14 settembre 2008

INDIFFERENTI

Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che "vivere vuol dire essere partigiani". Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.
L'indifferenza opera potentemente nella storia.

Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.

La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.

I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'èin essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.

Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
Antonio Gramsci

sabato 13 settembre 2008

LA LUCCIOLA

La Luna piena minchionò la Lucciola:
- Sarà l'effetto de l'economia,
ma quel lume che porti è debboluccio...
- Sì, - disse quella - ma la luce è mia!
( TRILUSSA)

domenica 7 settembre 2008

video intervista a Massimo D'ALEMA






PIÙ TASSE PER TUTTI
BRUNO MANFELLOTTO (Il Tirreno 07 sett. 2008)

E passi che tonnellate di monnezza made in Naples siano state provvidenzialmente dirottate verso discariche e inceneritori lombardi per gentile concessione del duo Moratti & Formigoni, un intervento di pronto soccorso ieri negato a Prodi ma oggi, guarda un po’, riservato al cavaliere. Si dirà: è il risultato che conta.
E va bene pure che all’Alitalia sia stato evitato il fallimento riducendola a un’Alitalietta e scaricando milioni di euro di debiti e ben novemila lavoratori considerati di troppo (li chiamano esuberi) non sui francesi di Air France o i tedeschi di Lufthansa ma sulle casse dello Stato, cioè su tutti noi. L’italianità val bene un pubblico salasso.
E passi perfino che, dopo avercela - come direbbe Bossi - “menata” per settimane di campagna elettorale con la storia della sicurezza, oggi gli sbarchi di profughi sulle nostre coste proseguano (e i sorrisi e le pacche sulle spalle del colonnello Gheddafi?) e gli ultrà sequestrino treni e mettano a ferro e a fuoco stadi e città. Non si può avere tutto.
Ma il ritorno dell’Ici no, questo è troppo. È la bugia che diventa sistema, è il pacco, la patacca, la sòla fiscale. Perché, come tutti ricorderete, l’altro leit motiv martellante della campagna berlusconiana era stato la riduzione della pressione fiscale di cui l’abolizione dell’Ici avrebbe rappresentato l’asse portante. A niente era servito l’allarme lanciato da tutti i sindaci (di destra e di sinistra): senza quel gettito, dicevano, i Comuni avrebbero chiuso baracca e burattini e i cittadini avrebbero dovuto rinunciare a servizi essenziali: gli slogan elettorali hanno le loro esigenze...
Ora Berlusconi si è reso conto del disastro e ha affidato a Calderoli il compito di ridisegnare e semplificare la tassazione immobiliare oggi divisa in una decina di diverse imposte. Traduzione, tornerà l’Ici, anche se si chiamerà in un altro modo.
Commenta Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, che pur avendo un gran bisogno di risorse non manda il cervello all’ammasso: “Non vorrei che rientrasse dalla finestra quello che si è cacciato dalla porta. Cioè che si introduca una tassazione immobiliare con il rischio di aumentare la pressione fiscale e penalizzare chi ha meno redditi”.
Insomma, a dispetto delle promesse le tasse aumentano, ma solo per alcuni, i più deboli e a reddito fisso. Perché altri le tasse se le sono già autoridotte. A modo loro, non pagando. Tanto di lotta all’evasione non parla più nessuno. Allegria.

giovedì 4 settembre 2008

SOFFIANDO NEL VENTO

Quante strade deve percorrere un uomo
prima di essere chiamato uomo?
E quanti mari deve superare una colomba bianca
prima che si addormenti sulla spiaggia?
E per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone
prima che verranno abolite per sempre?
La risposta, mio amico sta soffiando nel vento,
la risposta sta soffiando nel vento

Per quanto tempo un uomo deve guardare in alto
prima che riesca a vedere il cielo?
E quanti orecchie deve avere un uomo
prima che ascolti la gente piangere?
E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia
che troppa gente è morta?
La risposta, mio amico sta soffiando nel vento,
la risposta sta soffiando nel vento

Per quanti anni una montagna può esistere
prima che venga spazzata via dal mare?
E per quanti anni può la gente esistere
prima di avere il permesso di essere libere
E per quanto tempo può un uomo girare la sua testa
fingendo di non vedere
La risposta, mio amico sta soffiando nel vento,
la risposta sta soffiando nel vento
Bob Dylan

Calcio e Impunità

«Se una banda di zingari si impadronisse di un treno o se nostalgici delle Brigate Rosse devastassero la stazione di Milano, sarebbero perseguiti con adeguata durezza. Non capisco proprio perché se aggredissi qualcuno per conto mio sarei chiamato a pagarne di persona, mentre se lo facessi urlando slogan calcistici godrei di una sostanziale impunità»
Claudio Magris, Corriere della Sera, 2 settembre

mercoledì 3 settembre 2008

TIFOSI MICA ROM

Ospito questo articolo, che condivido, tratto dall'Unità del 03 sett. 2008

Tifosi, mica rom

Maria Novella Oppo

Non ci sono parole capaci di definire il teppismo quanto le immagini viste in tv dell’orda di tifosi scatenati contro uomini e cose e forniti di salvacondotto calcistico. È vero che per molti la squadra è l’unica ragione sociale di esistenza, in una realtà che ha visto morire ogni senso del bene comune. È anche vero che, come ha detto don Mazzi, non si combatte il bullismo quando governano i bulli. E tanto più è vero quello che ha notato ieri Claudio Magris e cioè che non si sono mai visti zingari, o altri gruppi etnici o sociali (in particolare i pericolosissimi poveri) devastare stazioni per riempire di senso il fine settimana. Eppure, contro questi gruppi sono state emanate leggi repressive talmente dure da preoccupare l’intera comunità europea. I rom, in specie, sono schedati fin da piccoli, prima cioè di commettere alcun reato, perché i leghisti ritengono sospetta un’etnia che non ha mai dichiarato una guerra, non si è inventata una patria di comodo e non ha una squadra in nome della quale devastare e picchiare facendo il saluto romano.

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