sabato 25 dicembre 2010

mercoledì 15 dicembre 2010

Far da potta e da culo. (Dizionario livornese - Borzacchini)

Sublime locuzione di autentico stampo toscano, assai usata in ambito livornese.Di origine popolare, essa è passata- nonostante l'apparente crudezza - al parlare comune, in virtù del suo elevato potenziale di espressività e immediatezza che ne fanno un vero e proprio fiore all'occhiello del superbo linguaggio labronico.Si ritiene pleonastico illustrarne il significato, ma ad usum pisani, diremo che con tale locuzione si suole palesare la condizione di colui che svolga molteplici funzioni in stato di necessità o di costrizione o-che sia particolarmente indaffarato in diverse bisogne e di ciò manifesti doglianza e rammarico. Non vi è chi non veda il Cardinali, in primo luogo, di cui è ben nota la frequente querimonia: «... al Vernacoliere mi tocca sempre fa' da potta e da culo!» - l'accorta contaminatio tra i due organi citati, al fine di creare quel clima di incertezza tipico delle situazioni in cui si affrontano scelte improvvise e mutevoli e pertanto restituire appieno l'ansia esistenziale che coglie l'uomo contemporaneo di fronte all'incalzare degli eventi.Nella stessa guisa in cui Maria la Sudicia (Dirty Mary, la chiamava affettuosamente l'Arcivescovo di Canterbury), rinomato budello della seconda metà del diciannovesimo secolo, ebbe a dire: «...tra 'r culo e la potta ci 'orre tre dita...»; altrettanto riconosciamo che tale risibile distanza da un lato distingue ontologicamente i due binomi organo-funzione, ma dall'altro «...li accoppia nel fatale ruolo, nell'attimo supremo e travagliato del dubbio se sia meglio pigliallo nella potta o ner culo», cfr. Z. ZEFFY-RELLY, Il culo è la potta dell'avvenire, Le Cascine, Firenze 1955; (v. anche: P. A. QUIRICI, Pígliallo o metterlo? in «Questioni di metodo», Ravenna 1991).Proprio per questo la locuzione in oggetto acquista il vigore di una rassegnata ma virile presa d'atto dell'immutabile assunto che comunque- da una parte o dall'altra - sono sempre i soliti a prenderlo sotto la coda, così come son sempre i soliti quelli che ce lo buttano.

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