sabato 25 dicembre 2010

mercoledì 15 dicembre 2010

Far da potta e da culo. (Dizionario livornese - Borzacchini)

Sublime locuzione di autentico stampo toscano, assai usata in ambito livornese.Di origine popolare, essa è passata- nonostante l'apparente crudezza - al parlare comune, in virtù del suo elevato potenziale di espressività e immediatezza che ne fanno un vero e proprio fiore all'occhiello del superbo linguaggio labronico.Si ritiene pleonastico illustrarne il significato, ma ad usum pisani, diremo che con tale locuzione si suole palesare la condizione di colui che svolga molteplici funzioni in stato di necessità o di costrizione o-che sia particolarmente indaffarato in diverse bisogne e di ciò manifesti doglianza e rammarico. Non vi è chi non veda il Cardinali, in primo luogo, di cui è ben nota la frequente querimonia: «... al Vernacoliere mi tocca sempre fa' da potta e da culo!» - l'accorta contaminatio tra i due organi citati, al fine di creare quel clima di incertezza tipico delle situazioni in cui si affrontano scelte improvvise e mutevoli e pertanto restituire appieno l'ansia esistenziale che coglie l'uomo contemporaneo di fronte all'incalzare degli eventi.Nella stessa guisa in cui Maria la Sudicia (Dirty Mary, la chiamava affettuosamente l'Arcivescovo di Canterbury), rinomato budello della seconda metà del diciannovesimo secolo, ebbe a dire: «...tra 'r culo e la potta ci 'orre tre dita...»; altrettanto riconosciamo che tale risibile distanza da un lato distingue ontologicamente i due binomi organo-funzione, ma dall'altro «...li accoppia nel fatale ruolo, nell'attimo supremo e travagliato del dubbio se sia meglio pigliallo nella potta o ner culo», cfr. Z. ZEFFY-RELLY, Il culo è la potta dell'avvenire, Le Cascine, Firenze 1955; (v. anche: P. A. QUIRICI, Pígliallo o metterlo? in «Questioni di metodo», Ravenna 1991).Proprio per questo la locuzione in oggetto acquista il vigore di una rassegnata ma virile presa d'atto dell'immutabile assunto che comunque- da una parte o dall'altra - sono sempre i soliti a prenderlo sotto la coda, così come son sempre i soliti quelli che ce lo buttano.

venerdì 1 ottobre 2010

IL GIOCATORE .....

‎.....non aver paura
di sbagliare un calcio di rigore
non è mica da questi
particolari
che si giudica un giocatore
...un giocatore lo vedi dal
coraggio
dall'altruismo e dalla fantasia

giovedì 11 marzo 2010

PAROLE SILENZIOSE

sono le parole più silenziose, quelle che portano la tempesta. pensieri che incedono con passi di colomba guidano il mondo

DDL 'Lavoro': attacco all'articolo 18, peggiore di quello del 2002

L'attacco che sta subendo l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori è peggiore di quello del 2002. Allarmante il giudizio dei giuristi della CGIL che non usano mezzi termini contro il DDL 'Lavoro', passato all'esame del voto del Senato pochi giorni fa. A spiegare nel merito alcuni importati aspetti della Legge approvata è Lorenzo Fassina, dirigente dell'Ufficio Giuridico della CGIL Nazionale, al quale abbiamo chiesto quali sono le differenze rispetto al precedente tentativo di modifica dello Statuto dei Lavoratori.

Quale è il giudizio sul provvedimento di riforma?

Mentre nel 2002 veniva attaccato solo l’articolo 18, con la nuova legge si fa di peggio, nel senso che si fa in modo di svilire tutte le norme di legge e di contratto collettivo attraverso la certificazione e l’arbitrato.

Sarà infatti possibile, per il datore di lavoro, imporre un contratto certificato nel quale il lavoratore rinuncia a priori alla tutela giudiziaria per affidare la futura controversia ad una “giustizia privata”, ossia l'arbitrato. Gli arbitri, quando saranno chiamati a decidere sulla controversia tra dipendente e datore di lavoro, potranno addirittura giudicare “secondo equità”, ovvero senza il rispetto delle norme di legge (come l’articolo 18) e di contratto collettivo. In questo modo, oltre a svuotare di significato le norme di legge a tutela del lavoratore, il nuovo provvedimento del Governo rende, di fatto, inutile la contrattazione collettiva.

Occorre anche sottolineare la palese falsità delle affermazioni di Sacconi quando dice che l’arbitrato non pregiudicherà la via alla giustizia ordinaria: così non è, incontestabilmente. Ma quel che è peggio è che l’articolo 18 potrà essere disapplicato anche attraverso un altro percorso. L’articolo 30 della nuova legge dice infatti che il giudice dovrà tener conto delle nozioni di giusta causa e di giustificato motivo di licenziamento contenute nel singolo contratto individuale certificato. In questo modo il giudice potrà ritenere giustificato un licenziamento anche se in contrasto con le norme di legge, non reintegrando quindi il lavoratore nel posto di lavoro.

Quali possono essere le immediate conseguenze?

I datori di lavoro potranno utilizzare, su vasta scala, lo strumento offerto dalla nuova legge. Approfittando della condizione di debolezza delle persone in cerca di lavoro, potranno portare gli aspiranti lavoratori, dal momento della stipula di un contratto, davanti ad una commissione di certificazione per fargli sottoscrivere contratti di assunzione in cui sarà sancita sia la rinuncia alla normale azione giudiziaria che l’affidamento ad arbitri della risoluzione delle future liti.

Chi saranno i più colpiti da questo nuovo dispositivo di legge?

Premesso che la condizione di debolezza accomuna la stragrande maggioranza dei lavoratori, soprattutto quelli con le qualifiche medio-basse, la nuova legge colpirà in modo molto duro i lavoratori precari, i contrattisti a progetto, i lavoratori a termine, gli associati in partecipazione, quelli trasferiti e quelli somministrati (staff leasing).

Inoltre va aggiunto che l’articolo 32 della nuova legge introduce una vera e propria “corsa contro il tempo” per far valere i propri diritti davanti ad un giudice. Se il provvedimento del datore di lavoro non sarà contestato entro il termine strettissimo di 60 giorni, e non più cinque anni, il diritto del lavoratore sarà carta straccia.

L’esempio emblematico può riguardare un lavoratore che ha appena concluso un contratto a termine e che è in attesa di un rinnovo da parte del datore di lavoro. Nella speranza di riprendere l’attività lavorativa con un nuovo contratto a termine il lavoratore aspetterà di essere chiamato e lascerà trascorrere i 60 giorni stabiliti dalla nuova legge per contestare il precedente contratto. In questa attesa, quindi, si consumerà quel breve lasso di tempo e il lavoratore avrà perso ogni possibilità di contestare il precedente contratto.

Da tutto quello che abbiamo detto appare più che giustificata l’affermazione di Epifani quando dice che “da ora in poi, i lavoratori, saranno più soli e più ricattabili”.

EVVIVA LA COSTITUZIONE!

ART. 15. (Decreti-legge)2. Il Governo non puo', mediante decreto-legge: [...] b) provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione;ART. 72 IV COMMA COSTITUZIONELa procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegn...i di ...legge in materia costituzionale ed ELETTORALE [...]

ogni passo.....

Il problema non è sapere dove sei. il problema è pensare che ci sei arrivato senza portarti dietro niente. questa tua idea di ricominciare daccapo. che poi ce l’abbiamo un po’ tutti. non si ricomincia mai daccapo. ecco qual è il problema. ogni passo che fai è per sempre. non lo puoi annullare. non puoi annullare niente.

RISPETTO PER LE DONNE, PRESIDENTE!!!!

Durante un recente incontro con il premier albanese Berisha, Berlusconi ha attaccato gli scafisti. Poi ha aggiunto: "Faremo eccezioni solo per chi porta belle ragazze". La scrittrice albanese Elvira Dones scrive questa lettera aperta al premier Silvio Berlusconi in merito alla sua battuta.


"Egregio Signor Presidente del Consiglio,

le scrivo su un giornale che lei non legge, eppure qualche parola gliela devo, perché venerdì il suo disinvolto senso dello humor ha toccato persone a me molto care: "le belle ragazze albanesi". Mentre il premier del mio paese d'origine, Sali Berisha, confermava l'impegno del suo esecutivo nella lotta agli scafisti, lei ha puntualizzato che "per chi porta belle ragazze possiamo fare un'eccezione."


Io quelle "belle ragazze" le ho incontrate, ne ho incontrate a decine, di notte e di giorno, di nascosto dai loro magnaccia, le ho seguite da Garbagnate Milanese fino in Sicilia. Mi hanno raccontato sprazzi delle loro vite violate, strozzate, devastate. A "Stella" i suoi padroni avevano inciso sullo stomaco una parola: puttana. Era una bella ragazza con un difetto: rapita in Albania e trasportata in Italia, si rifiutava di andare sul marciapiede. Dopo un mese di stupri collettivi ad opera di magnaccia albanesi e soci italiani, le toccò piegarsi. Conobbe i marciapiedi del Piemonte, del Lazio, della Liguria, e chissà quanti altri. E' solo allora - tre anni più tardi - che le incisero la sua professione sulla pancia: così, per gioco o per sfizio.

Ai tempi era una bella ragazza, sì. Oggi è solo un rifiuto della società, non si innamorerà mai più, non diventerà mai madre e nonna. Quel puttana sulla pancia le ha cancellato ogni barlume di speranza e di fiducia nell'uomo, il massacro dei clienti e dei protettori le ha distrutto l'utero.

Sulle "belle ragazze" scrissi un romanzo, pubblicato in Italia con il titolo Sole bruciato. Anni più tardi girai un documentario per la tivù svizzera: andai in cerca di un'altra bella ragazza, si chiamava Brunilda, suo padre mi aveva pregato in lacrime di indagare su di lei. Era un padre come tanti altri padri albanesi ai quali erano scomparse le figlie, rapite, mutilate, appese a testa in giù in macellerie dismesse se osavano ribellarsi. Era un padre come lei, Presidente, solo meno fortunato. E ancora oggi il padre di Brunilda non Accetta che sua figlia sia morta per sempre, affogata in mare o giustiziata in qualche angolo di periferia. Lui continua a sperare, sogna il miracolo. E' una storia lunga, Presidente... Ma se sapessi di poter contare sulla sua attenzione, le invierei una copia del mio libro, o le spedirei il documentario, o farei volentieri due chiacchiere con lei. Ma l'avviso, signor Presidente: alle battute rispondo, non le ingoio.

In nome di ogni Stella, Bianca, Brunilda e delle loro famiglie queste poche righe gliele dovevo. In questi vent'anni di difficile transizione l'Albania s'è
inflitta molte sofferenze e molte ferite con le sue stesse mani, ma nel popolo albanese cresce anche la voglia di poter finalmente camminare a spalle dritte e
testa alta. L'Albania non ha più pazienza né comprensione per le umiliazioni gratuite. Credo che se lei la smettesse di considerare i drammi umani come materiale per battutacce da bar a tarda ora, non avrebbe che da guadagnarci.

* Elvira Dones, scrittrice-giornalista.

MINZOLINI ASSOLVE DAVID MILLS.....MA CHE BRAVO ED IMPARZIALE DIRETTORE DEL TG 1!!!

Il Tg1 di Augusto Minzolini assolve David Mills, l’avvocato inglese corrotto da Silvio Berlusconi per ottenere una testimonianza che omettesse i particolari scottanti su fondi neri e conti esteri di Mediaset. Mills, condannato in primo e secondo grado, ha in realtà beneficiato della prescrizione perché il procuratore in Cassazione ha “retrodatato” il momento della corruzione al giorno in cui vennero effettivamente trasferiti i famosi 600 mila dollari da un conto riconducibile alla galassia di Mediaset ad uno sotto il controllo dell’avvocato inglese.

In questo modo il reato, effettivamente commesso, ricade nella prescrizione essendo di 8 anni la pena massima per il reato di falsa testimonianza. Fino a qui i fatti, peccato che nell’edizione delle 13 del Tg1, sia nei titoli, sia nel momento dell’introduzione del servizio (che parlerà correttamente di “prescrizione”) il conduttore Paolo Di Giannantonio scandisca con chiarezza la parola “assoluzione“.

mercoledì 24 febbraio 2010

LE HO SCRITTO UNA LETTERA

mi è sempre piaciuto scrivere lettere. le parole sono un corteggiamento violento. entrano dentro la carne di chi legge. le parole scritte fanno paura. ho sempre pensato che quando si scrive venga fuori il ritmo dell’anima: quando si parla si mente, quando si scrive no. non è possibile. e’ come tirare fuori da sé qualcosa di vitale e spaventoso, come un organo spiaccicato sulla carta. incartare un fegato e spedirlo, questo è scrivere lettere (s.v.)

IMMAGINIAMO CHE.....(S. Santini)

Immaginiamo che nostro figlio in una foto di gruppo a scuola facesse le corna sopra la testa della prof, che volesse scegliersi la professoressa per l'interrogazione, poiché rappresentante di classe eletto direttamente dai suoi compagni è giustificato per non essere presente alle lezioni, frequenta la quinta classe ma molesta le ragazzine delle prime classi, ad un compagno di classe di colore gli dicesse "abbronzato", che i professori offendessero il preside in presenza degli alunni, etc, etc,ecco, facciamo così, non immaginiamo niente perchè solo il pensiero ci fa tremendamente in.....zzare!!!

HO GUARDATO NEGLI OCCHI UN VECCHIO (S. Santni)

Ho guardato negli occhi un vecchio. Capo chino come si sentisse in colpa di essere in un ospizio. Occhi spenti e sempre lucidi di lacrime che talmente dense non scendono nemmeno. Rughe sulla sua pelle. Rughe nel mio cuore. (Stefano Santini)

sabato 20 febbraio 2010

GENTE CHE MI PIACE.....

Mi piace la gente che vibra,
che non devi continuamente sollecitare
e alla quale non c'è bisogno di dire cosa fare
perché sa quello che bisogna fare e lo fa.

Mi piace la gente che sa misurare
le conseguenze delle proprie azioni,
la gente che non lascia le soluzioni al caso.

Mi piace la gente giusta e rigorosa,
sia con gli altri che con se stessa,
purché non perda di vista che siamo umani
e che possiamo sbagliare.

Mi piace la gente che pensa
che il lavoro collettivo, fra amici,
è più produttivo dei caotici sforzi individuali.

Mi piace la gente che conosce
l'importanza dell'allegria.

Mi piace la gente sincera e franca,
capace di opporsi con argomenti sereni e ragionevoli.

Mi piace la gente di buon senso,
quella che non manda giù tutto,
quella che non si vergogna di riconoscere
che non sa qualcosa o si è sbagliata

Mi piace la gente che, nell'accettare i suoi errori,
si sforza genuinamente di non ripeterli.

Mi piace la gente capace di criticarmi
costruttivamente e a viso aperto:
questi li chiamo "i miei amici".

Mi piace la gente fedele e caparbia,
che non si scoraggia quando si tratta
di perseguire traguardi e idee.

Mi piace la gente che lavora per dei risultati.

Con gente come questa mi impegno a qualsiasi impresa,
giacché per il solo fatto di averla al mio fianco
mi considero ben ricompensato.

(M.B.)

giovedì 18 febbraio 2010

Relazione del segretario della FILCTEM Livorno Musto Fabrizio al congresso

Care Compagne, Cari Compagni, Graditi Ospiti

abbiamo voluto iniziare con questo spezzone del film “ Pane e Libertà” dedicato ad uno dei padri del sindacalismo italiano Giuseppe Di Vittorio, perché, credo che in un momento di difficoltà come quello che sta attraversando oggi il nostro Paese abbiamo bisogno di guardare al futuro ricordando e ripercorrendo la nostra storia, i nostri valori,
e i grandi uomini che ne hanno fatto parte, e tra questi appunto Giuseppe Di Vittorio.
Un uomo il cui sogno era quello di unire i braccianti del sud con gli operai del nord, che ha lottato per dare ai lavoratori un giusto salario, ma al tempo stesso più cultura più sapere più diritti.
Un sindacalista che vendette la propria giacca per acquistare un
vocabolario per la sete di conoscenza e sapere, che di giorno scriveva su un piccolo quaderno le parole che non comprendeva e la notte ne studiava il significato.
“Un cafone in parlamento “così fu definito dall’opposizione ma grazie ai “cafoni e alle cafonerie”, come amava definirle, ha lasciato un segno indelebile nel sindacato e nel Paese.

Un uomo che insieme a Achille Grandi e Bruno Buozzi (quest’ultimo assassinato il giorno prima) videro realizzare il loro sogno: quello di costruire un grande sindacato unitario: la CGIL.

Abbiamo voluto aprire con questo ricordo il 1° Congresso della Filctem-Cgil., perché oggi più che mai abbiamo bisogno
di unità
di partecipazione
di solidarietà
di democrazia

elementi essenziali del sindacato e al tempo stesso valori e principi fondanti della nostra costituzione.



Vorrei partire proprio dal primo articolo della nostra Costituzione:

l’Italia e’ una Repubblica fondata sul lavoro.
Credo che questa affermazione rappresenta l’approdo più alto al quale e’ giunta la democrazia nel nostro paese.

Quell’approdo raggiunto grazie anche al contributo di tante lavoratrici e lavoratori che con gli scioperi del ’43 e ’44 svolsero una funzione determinante per il destino del Paese.
Il lavoro fu dunque in quella difficile fase storica uno dei soggetti fondamentali ad una legittimazione democratica nel nostro paese.

Stare dentro il futuro significa, per noi, lottare per riaffermare questi valori.
Guardare al futuro analizzando i nostri errori, facendone tesoro per cercare di migliorarci nel nostro vivere quotidiano: nel lavoro, nelle relazioni sociali nella vita in genere.

Ripartire dal lavoro, dal rispetto delle leggi, restituendo la giusta dignità al lavoro e ai lavoratori. Perché la qualità di vita di un paese ed il suo grado di civiltà si misurano anche dal rispetto che abbiamo verso il lavoro e i lavoratori.
Purtroppo oggi il nostro paese sta attraversando uno dei momenti più bui sul versante lavoro.
Cito alcuni dati:
il tasso di disoccupazione previsto in Italia nel 2010 supera il 10%
oltre 4 milioni tra donne e uomini sono privati nel nostro paese dei loro diritti, con salari ingiusti e nessuna tutela.
Sono lavoratori disperati che salgono sui tetti delle loro fabbriche, che fanno lo sciopero della fame, che arrivano a mettere a rischio la vita per salvaguardare il posto di lavoro.
E ancora, ogni anno in Italia sono oltre 1000 i morti sul lavoro.
E il governo che fa?
Stravolge e ridimensiona il testo unico sulla sicurezza, come se i 3 morti al giorno rientrassero nel prezzo da pagare nella competizione globale!
Allora, partendo da questi drammatici dati, domandiamoci: il nostro paese oggi e’ da considerarsi un paese civile?
La risposta non può che essere no!

Care Compagne e Cari Compagni
siamo giunti a questo appuntamento dopo avere svolto 47 assemblee nei luoghi di lavoro, discutendo proprio di questi problemi, parlando cioè di precarietà e di come i contratti a tempo indeterminato siano diventati un miraggio.
Abbiamo discusso dei drammi di coloro che hanno perso il lavoro e non hanno nessun ammortizzatore sociale, di coloro che un lavoro ce l’hanno ma non riescono comunque ad arrivare alla fine del mese, o peggio ancora di chi ha perso un proprio caro morto sul lavoro, ed ancora di un mercato del lavoro costruito al maschile che penalizza fortemente l’occupazione femminile o nei migliori dei casi ne limita fortemente lo sviluppo professionale.
Il percorso che ci porterà alla costituzione della Filctem quindi non sarà secondo me solo un atto formale, ma sarà la nascita di una grande categoria composta da donne e uomini che guarderanno con attenzione a questi problemi.
Una categoria con oltre 250.000 iscritti, con una tradizione unitaria consolidata nella Filcem e nella Filtea, che si rivolge ad una platea di oltre 1.300.000 lavoratrici e lavoratori, con 10 fondi di previdenza complementare e tre fondi integrativi sanitari.
Una grande categoria che dovrà misurarsi con le nuove sfide contrattuali e sociali.
Che dovrà affrontare prima di tutto i tanti problemi derivanti dalla crisi che sta colpendo i lavoratori, e soprattutto i giovani.

Già la crisi…
il governo si affretta a sostenere che il peggio e’ passato.
Ma per chi?
L’occupazione diminuisce, c’e’ una impennata senza precedenti dei licenziamenti, della richiesta di cassa integrazione, della mobilità e della indennità di disoccupazione.
Forse la ripresa economica favorisce gli speculatori finanziari, le banche, la borsa, ma, per i lavoratori, i precari, i giovani e i pensionati non e’ purtroppo così.
Le scelte del governo hanno evidenziato l’inadeguatezza delle misure prese sino ad oggi per aggredire la crisi.
La scelta del contenimento del debito pubblico come cuore della strategia, sottrarre risorse alla sanità, alla scuola, all’università alla formazione anziché sostenere i consumi, riducendo le tasse sul lavoro e sulle pensioni. Non e’stata a mio avviso la strategia giusta.
E poi i ritardi strutturali e le politiche di questo governo hanno condannato l’economia e l’industria italiana alla marginalizzazione.
Ormai anche i più scettici sono costretti ad ammettere che ci troviamo in una fase di declino industriale.

Occorreva reagire, occorreva cioè attivare politiche che costruissero un ambiente favorevole allo sviluppo, a partire dal riconoscimento del ruolo dell’industria e del valore della centralità del lavoro.
C’era bisogno di nuove infrastrutture, di ricerca, di innovazione, di formazione.
Occorreva una strategia che fosse attenta all’uso sostenibile e ottimale delle risorse e ad una politica energetica che favorisse nuove opportunità di sviluppo.
Tutto ciò non e’ avvenuto, conseguenza di una politica incapace, o peggio ancora disinteressata ai problemi reali dei cittadini, che ha finito per favorire pochi a scapito dei lavoratori dipendenti, dei giovani e dei pensionati.
Per questo ritengo che lo sciopero generale proclamato per il 12 marzo dalla Cgil e’ uno sciopero giusto ed opportuno.

La necessità di fronteggiare la crisi economica ed i suoi effetti sull’occupazione, l’urgenza di interventi immediati sul riequilibrio del carico fiscale a vantaggio dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, la richiesta al governo di mettere in campo un programma complessivo di politica industriale: saranno questi i motivi della mobilitazione della Cgil con la proclamazione dello sciopero generale e al quale tutti siamo chiamati a partecipare.
Ma non tutti i ritardi ed i problemi portano la responsabilità di questa maggioranza, anche le imprese hanno le loro: con la firma dell’accordo separato sulla riforma della contrattazione la Confindustria si e’ sottratta al dovere di definire le nuove regole con tutte le organizzazioni sindacali e all’esigenza di affrontare uniti la crisi.
si tratta di una rottura storica che ha portato alla firma separata del ccnl dei metalmeccanici, senza la Cgil, e senza il voto democratico dei lavoratori.
Stesso tentativo lo si e’ fatto nel rinnovo del ccnl dei chimici, ma la posizione della Filctem, la tenuta unitaria del sindacato e un atteggiamento responsabile della Federchimica hanno fatto si che il rinnovo abbia visto la firma di tutte le OO.SS. un contratto che ha discusso di merito, che ha prodotto un risultato economico, che e’ andato oltre l’indice ipca previsto dall’accordo separato e che rafforza la contrattazione di 2° livello.
Le difficoltà attuali per il rinnovo degli altri contratti della nostra
categoria sono convinto che saranno alla fine superate solo dopo un confronto ed un chiarimento con i nostri compagni e amici di Femca e Uilcem, ma soprattutto rimuovendo le posizioni arroccate e strumentali che fino ad oggi hanno tenuto le parti datoriali, facendo venir meno le corrette relazioni industriali che hanno da sempre caratterizzato i nostri rinnovi contrattuali.
Io credo inoltre che le imprese dovranno decidere: se fare scelte innovative puntando sulla qualità dei prodotti e dei servizi attraverso nuove politiche di investimenti, nuove tecnologie e puntando fortemente sulla qualità formativa e professionale delle risorse umane, oppure ripercorrere vecchie strade che hanno portato ad una competizione giocata sulla riduzione dei costi e dei diritti, sulla caduta degli
investimenti in ricerca, innovazione e formazione portandole fuori dalla competitività.
Il problema che si pone quindi e’ di portata straordinaria, dobbiamo domandarci:
come possiamo riprendere la strada dello sviluppo? Come rilanciare l’occupazione, il reddito, lo stato sociale?
Quale tipo di innovazione, ricerca e produzione senza comportare problemi all’ambiente?
La sfida che abbiamo di fronte come sindacato e’ quella di dare al cambiamento una profonda innovazione di obiettivi di politiche sociali ed economiche rimettendo al centro il lavoro ed il suo valore.
Partire quindi dal riaffermare il ruolo centrale del contratto nazionale,
dal rafforzare la contrattazione di secondo livello, farla finita col precariato, e con la frammentazione dei contratti e ridare la parola definitiva ai lavoratori sui contratti e sugli accordi.
Non e’ giusto, che la maggioranza dei lavoratori metalmeccanici non abbiano potuto esprimersi sul rinnovo del contratto nazionale.
Nessuno di noi pensi di poter andare avanti così, sarebbe un grave errore e comunque si creerebbero condizioni di nuove crisi.
Il congresso e’ un appuntamento importante dove facciamo il bilancio della attività svolta e costruiamo i programmi per i prossimi anni.
Per questo ogni delegata ed ogni delegato ha il diritto ed il dovere di dare il proprio contributo. Tanti più saranno le proposte, gli spunti di riflessione migliore sarà il documento politico ed il programma di lavoro della nostra categoria.
Care compagne e Cari Compagni vorrei portare il mio contributo alla discussione partendo da una prima riflessione:
io credo che i prossimi mesi saranno importanti per lo sviluppo del nostro paese della nostra regione e della nostra provincia sotto il profilo industriale e della conseguente capacità di sviluppo.
Tanti sono gli aspetti che si intrecciano tra di loro: industria, ambiente, energia, servizi pubblici.
In questo quadro di riferimento ritengo strategico e improrogabile valutare, approfondire e decidere su tutti i progetti che sono stati presentati sul nostro territorio.

Quale futuro?
E soprattutto come stare dentro il futuro?
Io credo che dobbiamo essere promotori e sostenitori di tutti quei progetti che creeranno occupazione di qualità, che realizzeranno risanamento ambientale, che siano, in sostanza, una opportunità per l’economia ed il benessere di un territorio.
Dove le imprese proponenti dovranno assumere degli impegni precisi sui livelli occupazionali, sul rispetto dell’ambiente e su una forte integrazione con le comunità.
Le istituzioni allo stesso tempo avranno la responsabilità di decidere i si ed i no in tempi ragionevoli. Il loro compito sarà quello di informare, coinvolgere e discutere con i cittadini , ma alla fine decidere. Il passato ci ha insegnato ad esempio che lo strumento referendario sui progetti industriali hanno sempre prodotto risultati negativi per la collettività.
Per quanto ci riguarda i nostri si o i nostri no, si baseranno sulla conoscenza e sul sapere sgombri da condizionamenti ideologici, politici o di altra natura.
Discutendo cioè nel merito.
Entrando nel merito vorrei partire dall’analisi, dalle opportunità e dalle necessità del sistema produttivo della nostra categoria presente nella nostra provincia, ed in particolare per quanto riguarda:
• la raffineria di Livorno
• le centrali elettriche di Livorno e Piombino
• solvay – Ineos - Rosen ( parco industriale)
• l’acqua e gas
• i progetti Olt - Galsi per l’approvvigionamento del metano
• il progetto industriale integrato di Rosignano

ed ancora le tante piccole e medie aziende della chimica, del settore gomma plastica dell’energia e petrolio o delle piccole realtà del settore tessile, e delle aziende della cantieristica navale da diporto che stanno attraversando momenti di grande incertezza ed il cui futuro sarà da seguire con molta attenzione.
Per quanto riguarda la raffineria di Livorno vorrei partire da una valutazione di carattere generale su Eni: e’ ormai evidente che i siti produttivi presenti nel paese stiano da tempo soffrendo in termini di investimenti siano essi di consolidamento che di sviluppo di nuove tecnologie. Il fatto poi che Eni stia investendo nei paesi esteri, rafforza ancora più in me l’idea che occorra riaprire velocemente una discussione nazionale sul futuro della raffinazione nei siti dislocati nel nostro paese.
Per quanto riguarda nello specifico la situazione della raffineria di Livorno come segreterie provinciali di categoria abbiamo richiesto attraverso le nostre strutture nazionali la riapertura del negoziato con Eni.
L’accordo sottoscritto nel settembre 2009 e la sua applicazione e’ per noi la base di partenza del confronto. garanzie per il futuro, su investimenti ambientali,consolidamento dei livelli occupazionali diretti e indiretti saranno i nostri punti fermi.
Non possiamo discutere di riorganizzazioni al di fuori di quell’accordo.
In gioco c’e’ il futuro di tante lavoratrici, di tanti lavoratori di tante famiglie, il futuro di una città.

Sulle centrali elettriche di Livorno e Piombino credo che non possiamo continuare ad attendere le scelte dell’Enel.
Stando così le cose il loro futuro e’ già segnato: la chiusura entro pochi anni.
Credo che pensare che alla fine tutto si possa risolvere attraverso ammortizzatori sociali oppure attraverso ricollocazioni in altri siti, sarebbe sbagliato.
Sarebbe una sconfitta per tutti in termini occupazionali, economici e sociali.
Occorre pertanto l’apertura di un tavolo di trattativa che veda impegnate oltre l’Enel, le istituzioni regionali, provinciali, e comunali, le organizzazioni sindacali confederali e di categoria per definire un piano industriale che contenga innovazione tecnologica, rispetto dell’ambiente e certezza occupazionale.
Un progetto all’interno del quale possa essere previsto un investimento anche delle fonti energetiche rinnovabili e tariffe più favorevoli per i cittadini.
Anche la Solvay sta attraversando una fase molto difficile e delicata: da una parte gli effetti della crisi internazionale, dall’altra una crisi di competitività interna, oltre a mio avviso a scelte organizzative strategiche per lo stabilimento risultate sbagliate hanno determinato un forte calo della produzione del carbonato di sodio che sfiora il 40% . Credo sia indispensabile puntare su innovazione, ricerca e nuove produzioni, per consolidare lo stabilimento Solvay di Rosignano e dare garanzia occupazionale ai circa 700 lavoratori diretti ed ai circa 600 lavoratori delle imprese appaltatrici che quotidianamente sono presenti in stabilimento.
Per quanto riguarda Ineos specializzata nella produzione di materie plastiche di alta qualità è ormai evidente che l’unico sito industriale in Italia per l’attività di ricerca e produzione sia Rosignano.
Il progetto finanziario per i prossimi anni proposto dalla direzione Italia ed accettato dalla direzione centrale, potrebbe creare condizioni interessanti di sviluppo; ma questa decisione si scontra, paradossalmente con l’incertezza di approvvigionamento di materia prima (l’etilene), limitando la produzione rispetto alla richiesta del mercato.
Appare evidente la necessità di investimenti già proposti come il progetto integrato Rosignano che prevede il raddoppio dello stoccaggio di etilene e conseguentemente una nuova linea di produzione che per Ineos significherebbe consolidamento e sviluppo in termini di produzione e livelli occupazionali, ad oggi attestati a circa 400 lavoratori tra diretti e indiretti.
Solvay - Ineos e Rosen quest’ultima produttrice di energia elettrica e fornitrice di vapore per l’intero stabilimento dovranno sviluppare le proprie attività oltre che per migliorare la propria competitività per garantire maggiore qualità, efficienza, sicurezza e al tempo stesso miglioramento ambientale. Tutto ciò determinerebbe una situazione di “stabilità industriale” con conseguenti ricadute positive per i lavoratori e per il territorio.
C’e’ poi la questione dell’approvvigionamento del gas.
Il nostro paese importa l’88,4% di gas metano da paesi esteri.
Ciò significa la dipendenza, ed il condizionamento dei prezzi sulla nostra economia, ma soprattutto condiziona le strategie di sviluppo a medio e lungo termine per il nostro paese. Diventa pertanto indispensabile accelerare l’indipendenza dagli altri paesi e la realizzazione dei progetti di rigassificazione.
Per quanto riguarda i progetti Olt e Galsi e’ chiaro che tali realizzazioni dovranno portare benefici per i cittadini in termini di riduzione delle tariffe ed al tempo stesso certezze per le imprese ed i lavoratori del territorio sia in fase di realizzazione e costruzione degli impianti, sia nella fase di gestione degli stessi.
Ad oggi non conosciamo l’entità delle ricadute, e credo sia necessario aprire un confronto con le società realizzatrici del progetto e con le istituzioni locali per verificare nei dettaglio questi aspetti.

Per quanto riguarda il Progetto Rosignano credo che possiamo guardare a questo progetto come ad un progetto industriale determinante per lo sviluppo del nostro territorio.
In particolare per:

• il consolidamento e sviluppo delle materie plastiche.
• il risanamento ambientale e la liberalizzazione delle aree industriali a mare.
• l’avvio di nuove produzioni legate alla linea del freddo.
• la trasformazione e chiusura dei cicli produttivi all’interno del sito industriale.
• l’avvio di una fase nuova in termini di innovazione e ricerca.
• lo sviluppo occupazionale.
• l’innalzamento dei livelli di professionalità già oggi avanzato delle imprese e dei lavoratori locali presenti nel parco industriale.

Certamente occorre che tutte le imprese proponenti e presenti nel parco industriale Solvay facciano la loro parte :
• progetti di consolidamento, di sviluppo e di presenza sul territorio
• ricadute occupazionali certe
• favorire l’ingresso di nuove imprese, rendendo cioè appetibile l’insediamento all’interno del parco industriale.

Un vero patto a lungo termine che sia determinate per il miglioramento della qualità ambientale, sociale ed economica del territorio.

La revisione del Piano Energetico Regionale da una parte, e l’insieme di questi progetti dall’altra, rappresenteranno l’asse portante di un fondamentale distretto energetico volano di uno sviluppo industriale di qualità, determinando nuove condizioni e opportunità favorevoli per la collettività.

Per quanto attiene l’Azienza Asa, il suo presente ed il suo futuro, non possiamo non partire da una riflessione sulla scelta del governo di andare verso la privatizzazione dei servizi pubblici locali.
L’acqua va considerata un bene comune fondamentale e, dunque, di proprietà e gestione pubblica al pari di salute,istruzione e sicurezza.
L’obiettivo pertanto e’ quello di una gestione da affidare ad enti di diritto pubblico, con una modalità forte e organizzata di democrazia partecipativa dei lavoratori e dei cittadini.
Occorre ripensare il ruolo dell’autorità di controllo nel servizio idrico, eliminando il conflitto di interesse dove i sindaci si ritrovano ad essere delegati alla gestione dell’autorità e al tempo stesso soci del soggetto di gestione.
Sul gas il nostro primo obiettivo dovrà essere quello di creare aziende legate al territorio, non ci possiamo permettere che le aggregazioni di aziende creino l’allontanamento delle stesse dai territori.
Occorre puntare sulla qualità efficienza e presenza delle aziende. Elementi essenziali per rispondere positivamente alle esigenze delle comunità in tempi brevi.
Per quanto riguarda tutte le aziende del settore, il primo nostro obiettivo e’ quello di tutelare il posto di lavoro di tutte le lavoratrici e dei lavoratori diretti e indiretti.
E se pensiamo che con il semplice aumento delle tariffe si possa risolvere i problemi ci sbagliamo.

Occorre programmazione e piani industriali all’interno dei quali ragionare sull’organizzazione del lavoro in termini di qualità, di efficienza e di sicurezza sia per garantire i servizi agli utenti sia per migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori.
In particolare sulla gestione del gas, con la presenza sul nostro territorio di tre aziende, occorre che i sindaci stipulino accordi finalizzati a garantire i diritti dei lavoratori in particolare:
applicazione del ccnl di settore, garanzie occupazionali, garanzia per il mantenimento sui territori delle attività e del lavoro.
La presenza nella nostra provincia di piccole e medie aziende nazionali e multinazionali dei nostri settori chimica - gomma plastica - energia e petrolio evidenziano una diffusa incertezza sui progetti di consolidamento e di sviluppo.
A proposito di incertezza cito alcuni esempi: la Dow che sarà messa in vendita, e sulla quale indipendentemente dalla nuova proprietà dovrà essere chiara la garanzia della continuità della produzione industriale, dei livelli occupazionali e dei diritti dei lavoratori. Se ci sarà da lottare per questi obiettivi lo faremo come sempre con civiltà ma anche con determinazione. La Cil (ex Ceramiche Industriali) che non ha ad oggi un programma di investimenti certi per programmare il proprio futuro e sulla quale ritengo indispensabile e improrogabile fare una attenta analisi e valutazione tra tutti i soggetti che hanno contribuito alla nascita di questa realtà industriale. L’assemblea dei lavoratori ha infatti evidenziato seri problemi inerenti le relazioni umane, la sicurezza e l’organizzazione del lavoro, e poi la Trelleborg il cui futuro dipenderà molto dalla scelta di puntare su nuove produzioni. Un’azienda che ha effettuato un programma significativo di ristrutturazione con tutte le problematiche per i lavoratori che possiamo immaginare. E poi ancora altre aziende che attraverso contratti di solidarietà, cassa integrazione ordinaria e straordinaria stanno gestendo questo difficile momento cercando di uscire dalla crisi.

In questo quadro di riferimento diventa pertanto indispensabile oltre che seguire i singoli casi una mobilitazione territoriale che ponga al centro lo sviluppo ed il lavoro.

Più lavoro, nuovo lavoro, stabile e di qualità.

Il lavoro per stare dentro e costruire il futuro.
Questa e’ la sfida che la nostra categoria deve lanciare insieme ai nostri compagni ed amici della Femca e della Uilcem con i quali a livello territoriale abbiamo tenuto in termini unitari sia sulle vertenze aperte, sia sui rinnovi contrattuali.
La scelta unitaria intrapresa nella raffineria di impegnare le strutture nazionali su una chiusura unitaria sul rinnovo del contratto nazionale e la richiesta unitaria di riaprire la discussione sul futuro della raffineria di Livorno sono due esempi che l’unita’ sindacale e’ un impegno da perseguire, oggi più che mai.

Care Compagne e Cari Compagni credo che la situazione che vi ho rappresentato sia la rappresentazione della realtà che abbiamo di fronte.
Occorre impegno, sacrificio, determinazione e disponibilità per trovare soluzioni ai tanti problemi.
Ho la presunzione di sostenere che la nostra categoria abbia al proprio interno delegate e delegati capaci e disponibili a lavorare per una giusta causa: quella di costruire un progetto futuro migliore per le lavoratrici e lavoratori di oggi e per le nuove generazioni.

Lo possiamo e lo dobbiamo fare.

Attraverso un maggior radicamento sui luoghi di lavoro, con la nostra presenza nelle RSU aziendali ma soprattutto implementando e valorizzando i coordinamenti intercategoriali la dove sono presenti, e a crearne nuovi dove e’ possibile. Questo e’ il percorso che rafforza la nostra organizzazione, che fa solidarietà tra le categorie dove il lavoratore più debole sa di avere al fianco un compagno che lo sostiene, lo aiuta.

Come molti di voi già sanno, io credo fortemente nel lavoro di gruppo.
E le buone relazioni umane sono la base per costruire un buon gruppo.
Rispetto, solidarietà, partecipazione, collegialità, preoccupiamoci quando tra noi mostriamo indifferenza.
Il percorso che abbiamo intrapreso in categoria con la costituzione dei dipartimenti della sicurezza, dei fondi pensione e sanitari, dovrà proseguire con la costituzione di altri dipartimenti funzionali alle necessità dei lavoratori.
Il Direttivo, la Segreteria ed il Segretario dovranno garantire il buon funzionamento ed il supporto politico necessario.

Sono certo che insieme possiamo farcela.


Concludo con due brevi considerazioni:

arriviamo a questo 1° congresso Filctem come dicevo all’inizio dopo aver svolto 47 assemblee nei luoghi di lavoro del nostro comparto con una partecipazione che si attesta oltre l’80% degli iscritti e che a visto il 1° documento (il lavoro oltre la crisi) ottenere il 98% dei consensi.
Come auspicavamo, la nostra discussione non si e’ basata sulla contrapposizione dei due documenti congressuali ma si e’ basata sulle questioni concrete: recupero salariale, difesa del ccnl, lotta al precariato, recupero dell’unità sindacale.
L’indirizzo politico ricevuto dai lavoratori e’ stato chiaro: il nostro e’ un sindacato generale del lavoro, di tutto il mondo del lavoro, solidale e partecipativo la cui forza è dovuta al fatto di essere squadra.

Le difficoltà sono tante ma sono certo che la nostra categoria darà il proprio contributo affinché la Cgil, la nostra Cgil resti sempre un grande soggetto unitario e confederale.

Concludo veramente ricordando che quest’anno festeggiamo un importante anniversario : lo Statuto dei Lavoratori compie 40 anni.
Già negli anni ’50 Di Vittorio sosteneva che la costituzione repubblicana non poteva fermarsi ai cancelli delle fabbriche.
Oggi non possiamo non esprimere un giudizio positivo su lo Statuto dei Lavoratori, soprattutto perché non si e’ fermato solo nelle fabbriche ma è entrato in tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati.
Certo la strada per una universale affermazione dei diritti sindacali in ogni luogo di lavoro e’ ancora lunga e pericolosa.

In questi ultimi anni non sono mancati continui attacchi all’articolo 18 dello Statuto, come pure non e’ stata sanata la questione relativa all’applicazione nelle aziende con meno di 15 dipendenti (un nodo questo che non può essere sottaciuto per le caratteristiche che ha assunto in questi anni il nostro sistema produttivo).
E’ giunta l’ora che a queste lavoratrici e a questi lavoratori si applichi la tutela reale prevista dalla legge.
Un grande grazie a Gino Giugni e a tutti coloro che hanno contribuito con il loro lavoro e le loro lotte a dare vita a questa legge.
Sarà compito nostro e delle generazioni future difendere, rafforzare e implementare questa grande conquista del movimento sindacale che si chiama Statuto dei Lavoratori.

Abbiamo aperto ricordando un grande uomo: Giuseppe Di Vittorio.

Voglio chiudere con una frase di un altro grande uomo che ha sacrificato la propria vita per l’affermazione della legalità, e della giustizia nel nostro paese: Giovanni Falcone. La frase pressappoco diceva “quando qualcuno abbassa lo sguardo o china la testa la sua anima muore ogni volta che lo fa”

Care Delegate, Cari Delegati,

sono convinto che con la forza delle nostre idee e del nostro lavoro alla fine riusciremo a stare dentro il futuro con forza, determinazione e l’orgoglio di poter guardare negli occhi le nostre iscritte ed i nostri iscritti perché abbiamo fatto tutto ciò che era possibile fare.


grazie per la vostra attenzione.

un augurio di buon lavoro a tutti .

Viva la Filctem, Viva la Cgil

domenica 14 febbraio 2010

DUE

Quando saremo due saremo veglia e sonno
affonderemo nella stessa polpa
come il dente di latte e il suo secondo,
saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
come i cieli, del giorno e della notte,
due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
come i tempi del battito
i colpi del respiro.
Quando saremo due non avremo metà
saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l’uguale di nessuno
e l’unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l’universo
diventerà diverso. (edl)

lunedì 4 gennaio 2010

LE HO SCRITTO UNA LETTERA

mi è sempre piaciuto scrivere lettere. le parole sono un corteggiamento violento. entrano dentro la carne di chi legge. le parole scritte fanno paura. ho sempre pensato che quando si scrive venga fuori il ritmo dell’anima: quando si parla si mente, quando si scrive no. non è possibile. e’ come tirare fuori da sé qualcosa di vitale e spaventoso, come un organo spiaccicato sulla carta. incartare un fegato e spedirlo, questo è scrivere lettere (s.v.)

venerdì 1 gennaio 2010

PRONTUARIO PER IL BRINDISI DI CAPODANNO – (erri de luca)

bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,
a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,
a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.

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